Praticare da soli: si deve sempre alternare il tipo di pratica?
“Che noia fare sempre la stessa sequenza!”
Questa è la frase che spesso sento pronunciare da chi, durante la pausa estiva o perché ammalato, è costretto a restare in casa e a praticare per conto proprio.
Chiariamo subito un concetto: nelle discipline orientali ci sono azioni che vanno ripetute all’infinito per poter raggiungere uno stato di meditazione tale da staccare il corpo dalla mente.
Perché corpo e mente devono essere separati?
Normalmente la mente invia il proprio segnale al corpo quando riceve un compito da eseguire.
Ad esempio, nella respirazione consapevole addominale yogica, una persona mediamente tesa inspira 3-5 secondi ed espira 6-7 secondi.
Se si chiede alla persona di espirare cantando un Om, automaticamente e magicamente l’espirazione arriva anche a 12-16 secondi!
Com’è possibile? Per la stessa ragione di cui parlavamo prima: la mente ha un compito e lo esegue.
Quindi, se abituiamo la mente a eseguire sempre le stesse respirazioni, le stesse asana e le stesse sequenze, arriverà un momento in cui tutto verrà eseguito in modo sereno e rilassato, dal momento che la mente sarà già allenata e saprà cosa fare.
E’ vero che è poco stimolante fare sempre le stesse cose, dal punto di vista “occidentale”:
“Io mi diverto sempre a cambiare, altrimenti non mi piace lo Yoga!”
All’inizio questo ragionamento è comprensibile, ma dopo un po’ di anni di pratica diventa molto importante scegliere una propria sequenza in base all’esperienza o consigliati dal proprio insegnante qualificato.
In questi ultimi anni molte persone si sono cimentate a praticare Yoga online come prima esperienza: come primo approccio va bene,
però dobbiamo sapere che ci sono alcune respirazioni, come il Pranayama, o delle asana che, magari, in quel dato momento non ci farebbero bene e che quindi sarebbe meglio non fare.
Fare la pratica di Yoga non significa arrivare alla posizione più sfidante, ma comprenderne il significato e soprattutto capire gli effetti che può sortire nei diversi momenti della giornata.
Bisogna praticare Svadhyaya, il penultimo dei Niyama di cui parla il maestro Patanjali negli Yoga Sutra:
“Studia con curiosità te stesso e il mondo, accogli ogni persona ed esperienza nella tua vita come il tuo Maestro, ricerca la verità”.
Queste curiosità e ricerca possono essere applicate anche all’aspetto più fisico della nostra pratica di Yoga, per studiare meglio il proprio corpo e i suoi comportamenti.
Se state lavorando su qualcosa di specifico, come lo sviluppare la forza per eseguire un asana oppure il migliorare la flessibilità, potrà esservi molto utile ripetere la stessa classe. E noi ti saremo vicini se avrai bisogno di qualche consiglio, anche seguendoti online, ovunque tu sia.
Om Namah Sivaya